Curatore/i: Giulio Barazzetta - Martina Landsberger
Il coraggio sta nell'essere se stessi, nel mostrare completa indipendenza, nell'amare ciò che si ama, nello scoprire le profonde radici dei propri sentimenti.
Fernand Pouillon
La mostra si occupa di un tema centrale nella concezione del progetto di architettura di Pouillon: lo stretto legame di un’opera verso i riferimenti e studi. In particolare la sua attività di studioso e saggista si affianca a quella di collezionista ed editore.
Nell’occasione dell’allestimento alla Galleria del Progetto della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano, la sezione della mostra curata da Giulio Barazzetta e Martina Landsberger si occupa di un tema centrale nella concezione del progetto di architettura di Pouillon: lo stretto legame di un’opera verso i riferimenti e studi. In particolare la sua attività di studioso e saggista si affianca a quella di collezionista ed editore.
La sezione della mostra curata da Giulio Barazzetta e Martina Landsberger ed allestita presso la Galleria del Progetto della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano, si concentra su di un tema centrale nella concezione del progetto di architettura di Pouillon, quale la connessione tra l’opera ed i riferimenti e gli studi.
Fernand Pouillon ne è un esempio. Difatti, durante la sua carriera afferma che «questa avventura ha fatto di me un editore e un architetto di libri».
Questa mostra ha inaugurato il suo viaggio a palazzo Gravina a Napoli il 19 Aprile 2018. In seguito è stata allestita Bari e a Firenze, ora a Milano. Lo sarà presto a Roma, poi entro febbraio 2019 a Venezia e a Cesena. Nella prossima primavera la mostra sarà a Losanna, in Svizzera, e a Marsiglia, Lione e Parigi, in Francia. Si toccheranno poi centri rilevanti della cultura architettonica europea e mediterranea, come Madrid, Saragozza, Barcellona e Algeri.
Il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito (ABC) del Politecnico di Milano promuove la mostra insieme a DiARC, Università degli studi di Napoli “Federico II” e Association “Les Pierres sauvages de Belcastel” Toulouse a cui si è recentemente associato il dipartimento DIDA dell’Università degli Studi di Firenze.
Indagare il rapporto che intercorre fra opere e riferimenti, fra figure e testo, fra temi, problemi e rappresentazioni, ci porta nel suo caso vicino alle radici dell’immaginario sulle opere di architettura e della città. Di questo l'allestimento milanese prova a occuparsi, mostrando i suoi testi e gli studi da lui stesso editati, confrontati con due termini di riferimento.
Fernand Pouillon è stato uno dei pochi architetti della nostra epoca che ha intimamente e inscindibilmente legato la propria concezione architettonica al carattere costruttivo e ai materiali, in modo particolare alla pietra, fino a sviluppare da questi un proprio linguaggio originale.
Potrebbe forse sembrare una divagazione far discendere l’architettura di pietra di Pouillon dal suo concetto di città, tuttavia sembra anche evidente che la scelta di questo materiale non consegue ad una pratica di apprendistato acquisita presso i suoi maestri Perret e Beaudouin né tanto meno è figlia delle ideologie architettoniche del tempo le quali privilegiavano in modo pressoché esclusivo i materiali “moderni”, cemento armato, ferro, vetro.
I motivi della scelta vanno forse ricercati nel ruolo collettivo e sociale che Pouillon assegnava all’architettura, ossia nel primato che gli attribuiva alla dimensione pubblica urbana più che al grande gesto architettonico, assegnando quindi un ruolo centrale al decoro, alla durevolezza e alla bellezza, prerogative queste dei materiali lapidei.
Gran parte dei complessi residenziali da lui realizzati in Francia e in Algeria prima della crisi del ‘61, erano formati da edilizia economico-popolare e tutti costruiti con quantità massicce di pietra, ciò che li poneva in modo scandaloso al di fuori delle convenzioni e della prassi costruttiva dell’epoca.
La pietra invece, materiale tradizionalmente usato per gli edifici pubblici più rappresentativi della città, diviene nella concezione di Pouillon l’attore di una nuova monumentalità estensibile a tutto il tessuto urbano.
E’ quanto esplicitamente lui stesso afferma parlando di Climat de France, la celebre «piazza delle 200 colonne» di Algeri, quando dice “Cette ville pour les plus pauvres serait un monument” e più avanti “Pour la première fois peut-être dans les temps modernes, nous avions installé des hommes dans un monument…”. Analogamente, per Meudon-la Foret, ricorda “Je dressai un projet monumental, cyclopéen, pour loger les moins fortunés”.
La pietra dunque corrisponde ad un programma di ideologia urbanistica, da lui espresso nel concetto di “ordonnance”, che si articola in modi e intensità diversi ma con intenzioni analoghe in tutti gli interventi a scala urbana effettuati da Pouillon.
La sfida di Pouillon fu la creazione di un processo costruttivo alternativo, fondato sull’uso globale della pietra, attraverso l’impiego di materiale lapideo sia a livello strutturale, come massa muraria portante o come elementi pilastrati, sia a livello compositivo nel disegno delle facciate.
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