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Graber Pulver ARCHITECTURAL IDENTITY

7.3 - 26.4.2023 

Curatore/i: Raffaella Neri e Graber Pulver Architekten

Nel processo di progettazione siamo esplicitamente interessati anche all'aspetto della forma. Sapendo che il processo di ricerca della forma architettonica è soggetto a una costante interazione di forze diverse e può svolgersi sia in modo induttivo che deduttivo, ci occupiamo della forma stessa, del suo effetto e della sua percezione.

Marco Graber & Thomas Pulver

La mostra è una sintetica presentazione di alcune delle opere più importanti dello studio Graber Pulver.
"Le forme, i modelli espressivi e gli elementi che definiscono queste opere di architettura appaiono anche molto diversi tra loro. A mio avviso, non per desiderio di variazione, ma proprio per cercare di attenersi al loro valore intrinseco e al tema che interpretano e a cui, appunto, danno forma. La soluzione strutturale e tecnica ha un ruolo altrettanto importante dell'organizzazione tipologica."  Raffaella Neri

Tra i progetti esposti: alcune residenze, il replacement Luessihof a Zug, il nuovo Teatro di Lucerna e il museo etnografico di Ginevra.

Graber Pulver, uno studio a Zurigo
Due soci che lavorano insieme dall’inizio della loro attività professionale, dopo la laurea all’ETH di Zurigo, qualche anno di praticantato in studi internazionali e diverse esperienze di insegnamento in Università, un grande studio bene organizzato, molti progetti, tanti concorsi vinti, Graber e Pulver hanno accettato il nostro invito come visiting professor al Politecnico di Milano.
La loro è una modalità di lavoro articolata, che dimostra l’interesse per l’architettura come opera costruita, come realizzazione e attività professionale, ma anche come approfondimento teorico, superamento e ricerca continua nei campi, molti, con cui il progetto di architettura intrattiene rapporti. Un lavoro inteso come studio ininterrotto nel tempo, che non si accontenta dei risultati, pur importanti, raggiunti, ma che, con pazienza e modestia, crede che la ricerca debba proseguire e approfondirsi, cogliendo anche occasioni diverse, il confronto con l’attività accademica e con gli studenti. Ritengo che questa sia una forma di curiosità nei confronti dell’architettura e della realtà in cui opera assolutamente necessaria a qualunque tipo di lavoro intellettuale, se vuole rimanere aderente alla cultura di cui è parte ed emanazione. Esporsi, proporsi, mostrare gli esiti del proprio lavoro accettando di argomentare, di accogliere osservazioni o critiche, è una dimostrazione di solidità del pensiero, aperto e disponibile alla conoscenza. Proprio questa mi pare la cifra più evidente del lavoro di Graber Pulver, l’interesse, la disponibilità e l’apertura verso la ricerca delle possibilità espressive dell’architettura, a partire da una solida formazione, razionale e tecnica, che, con libertà ma con rigore e metodo, li guida nelle scelte di ogni progetto.
Questo, in poche righe, il profilo del sodalizio dello studioGraber Pulver, composto da Marco Graber e da Thomas Pulver, attivo a Zurigo e a Berna dal 1992, insieme ad altri soci e a molti collaboratori, giovani o di più lunga data.

Questo piccolo libro presenta molto sinteticamente alcuni dei lavori più importanti dello studio nei quali si possono riconoscere questi caratteri. Si tratta per la maggior parte di realizzazioni conseguenti all’esito di concorsi, selezionate da loro stessi fra quelle più significative nell’arco di circa 15 anni al fine di mostrare il percorso del loro lavoro.
I temi di questi progetti sono molto diversi fra loro, vanno ­­dai complessi residenziali agli edifici pubblici e collettivi – fra cui l’unico non realizzato, il recente concorso per un nuovo teatro a Lucerna -, dai luoghi per il lavoro agli edifici tecnici, fra cui un inceneritore con una centrale termica.

Per ognuno, come sottolineano le sintetiche descrizioni, si cerca di definire un carattere, un primo passo fondamentale nel progetto, che pone un obiettivo essenzialmente espressivo. E che sottende un altro pensiero importante, ovvero che anche edifici più tecnici e prettamente funzionali debbano possedere una qualità espressiva, debbano mostrare cosa sono, la loro identità, il loro ruolo nella città o nel territorio in cui si collocano, a sottolineare il ruolo civile di ogni architettura nella costruzione di uno spazio comunque pubblico, urbano.
Molto diverse fra loro appaiono anche le forme, i modi espressivi e gli elementi che definiscono queste architetture. Non credo per volontà di variazione, ma proprio per cercare di aderire al valore di ognuno di esse, al tema che interpretano e a cui, appunto, danno forma.

 

La soluzione strutturale e tecnica ha un ruolo importante, così come la organizzazione tipologica.

Nelle residenze il programma di partenza è generalmente complesso, o gli viene comunque attribuita una complessità che si traduce nella ricchezza di luoghi diversi, nella articolazione di spazi che rendono anche singole case piccole composizioni urbane. Programmi articolati che comprendono alloggi protetti, piccoli “studio”, appartamenti più grandi si organizzano in basamenti, corti, strade interne, ampi atri coperti che divengono luoghi di relazione: non si tratta di sommare spazi con diverse metrature e diverse funzioni, ma di trasformare misure e temi in luoghi, spazi con una identità. Le fotografie danno conto dell’intento: la ricchezza di spazi che si susseguono e si rincorrono si mostra attraverso scorci e trasparenze che consentono di traguardarli, di stabilire relazioni fra uno e l’altro, fra interni ed esterni, in modo da amplificarne le misure e l’articolazione, anche nei casi, frequenti, in cui il lotto o il programma non presentano ampiezze o condizioni particolarmente favorevoli, nei casi in cui il sito è un appezzamento regolare del suolo ricavato fra altri, e l’intorno esistente non fornisce suggerimenti particolari.

La costruzione e la tecnica sono gli strumenti utilizzati per raccontare i caratteri di questi edifici.

Il metallo, sopra tutti, è il materiale prediletto per la finitura dei fronti e delle facciate; il cemento utilizzato per le strutture e la costruzione, che frequentemente si mostra direttamente, con evidenza, anche negli spazi interni, senza rivestimento alcuno.
La ricerca del rapporto delicato e importante fra i due mondi della tecnica e della espressività è un tema particolarmente presente: non prevale l’esaltazione della tecnica, ma grande sapienza e raffinatezza nella scelta di soluzioni strutturali, materiali e finiture, un tratto, per noi, tipico di una precisione che sempre aggettiviamo come “svizzera”, che qui non è mai indipendente dalle ragioni che derivano da una volontà espressiva, dalla definizione di un carattere. La ricerca formale prosegue insieme a quella costruttiva, muovendosi, di volta in volta, verso tratti più espressionisti o più razionalisti, più severi o più liberi e giocosi. Sempre con misura e con controllo, per cercare di tenere in equilibrio tutte le questioni affrontate. Fine a sperimentare una ricerca che libera la struttura dei fronti, del rivestimento e dell’intera figura dai vincoli volumetrici e funzionali degli spazi necessari all’edificio. Come avviene, ad esempio, nel museo etnografico di Ginevra o nel concorso per il teatro di Lucerna, dove il rivestimento dei volumi assume una indipendenza propria e diviene un elemento che, coprendo uno o più volumi, rimanda alla figura dei grandi tetti della tradizione nordica, figura che spesso ritorna, dispositivo tecnico e strutturale per fare entrare luci di qualità particolare negli spazi interni. O, all’opposto, come nel più severo edificio sulla Europallee, posto in un punto speciale, all’angolo della diramazione di due strade. Qui il grande basamento commerciale e per uffici a più altezze definisce il sedime dell’isolato e porta su di sé due volumi distinti che se ne distaccano e si alzano, sottolineando l’angolo e la prospettiva della strada.
In questo caso, come in tutti gli altri edifici, la finitura dei fronti è tema di grande attenzione, ed è occasione per ribadire la distinzione fra gli elementi strutturali che definiscono un ordine primario e quelli, secondari, che ne completano la definizione, oscuranti, tende, parapetti, tutti oggetti metallici necessari al compimento del racconto e, quasi sempre, a precisare un altro elemento proprio e fondamentale dell’architettura, la luce che ne modula con precisione e delicatezza le forme.
(testo di Raffaella Neri tratto dal libro "Graber pulver architectural identity")